27/04/23

Distruzione e Speranza : Là dove il Carmelo e i Monasteri non chiudono ma si aprono all'Amore e alla Speranza!

 19 APRILE 2023

SIRIA: Cronaca di distruzione e speranza… 25-27 FEBBRAIO 2023

Sabato 25 febbraio 2023

Destinazione Aleppo

 

Dopo i giorni trascorsi in Iraq per celebrare i 400 anni di presenza carmelitana nelle terre di Abramo (17-24 febbraio), con celebrazioni vibranti e piene di comunione con i cristiani dell’Iraq, con la famiglia carmelitana, con i confratelli e i laici provenienti dalla Francia, dall’Egitto, dal Libano e dall’Italia, insieme all’arcivescovo latino di Baghdad, Mons. Sleiman, carmelitano scalzo, parto per la Siria… Faccio questo viaggio attraverso il Medio Oriente in compagnia di Padre Christophe-Marie, il Definitore francese.

Viaggiamo verso Beirut, in Libano, celebre terra dei cedri, di cui la Bibbia canta la bellezza e la gloria. Qui la presenza del Carmelo è molto viva e ricca: diverse comunità di frati, due comunità di Carmelitane Scalze, diverse comunità del Carmelo Secolare, scuole, centri di formazione, un forte impegno all’interno della Caritas nazionale, ecc. È una terra duramente colpita da una brutale crisi economica con conseguenze molto dure. C’è una forte immigrazione legata alla guerra in Siria e in altri Paesi. Approfittiamo del nostro viaggio in Siria per associarci ai confratelli della Semiprovíncia del Libano, riuniti in assemblea plenaria per discutere il compito e le sfide della formazione, in preparazione al Capitolo provinciale.

Arriviamo ad Hazmieh (Beirut) la sera del 24 febbraio. Facciamo la Via Crucis con i confratelli e i fedeli, scandita da magnifici canti. Il giorno successivo ci rechiamo più a nord, a Tripoli, presso la comunità di Mijdlaya. Dopo pranzo, iniziamo il nostro viaggio verso la Siria. Padre Raymond, il Provinciale, ci guida. È esperto nelle avventure dei viaggi in Siria.

Abbiamo impiegato circa un’ora per raggiungere la frontiera e un’altra ora per passare i tre o quattro posti di controllo libanesi e siriani. Finalmente, grazie agli sforzi e alla competenza di Raymond, entriamo in territorio siriano. I controlli militari e di polizia sono costanti. Sono le ore 14.45.

Suor Anna, priora delle Carmelitane di Aleppo, ci accoglie. È venuta a prenderci con Levan, il nostro autista. Avevamo un appuntamento a Homs, ad una quarantina di chilometri dalla frontiera.

Levan ci racconta quello che è accaduto in questi giorni. Da quando c’è stato il terremoto, lui, sua moglie e i loro due figli dormono in un’auto simile a quella in cui ci troviamo noi. Da tre settimane usano l’auto come rifugio notturno.

Molti non sono rientrati nelle loro case. Circa 800 persone sono state accolte dai Maristi, un migliaio dai Salesiani, e tanti dormono nelle loro auto. Di giorno entrano in casa, ma di notte hanno paura. Altri terremoti si sono verificati su scala minore.

Quando arriviamo in Siria, ci appare un paesaggio difficile da definire: chilometri infiniti di città devastate dalla guerra, simili a scheletri senz’anima. In alcune città e villaggi vediamo persone sedute a terra che parlano, bambini che giocano. Molto spesso vediamo piccole greggi di pecore. Il sole tramonta verso le ore 18.30.

Arriviamo al monastero delle Carmelitane alle ore 20.30. Siamo accolti da due donne rifugiate e da una ragazza che ci aiutano a portare la frutta e i pacchi che abbiamo portato. Ci danno il benvenuto. Ci dicono che la nostra presenza illumina Aleppo (tipico saluto arabo).

Conversiamo gioiosamente con le suore. Sono molto felici di incontrarci. Ci raccontano alcune delle loro impressioni di quel momento, del giorno del primo terremoto, alle 4 del mattino. Tutti sono usciti in strada così com’erano, in pigiama, a piedi nudi. Pioveva, faceva molto freddo. Chi ha potuto, si è rifugiato nella propria macchina. Avevano tanta paura di tornare in casa.

Le monache hanno subito accolto le persone e le famiglie che hanno chiesto di poter essere ricevute qui. Attualmente, nel monastero vivono circa cinquanta persone.

Le suore raccontano che nel coro, durante la seconda scossa, la statua della Madonna si è spostata in avanti, così come il vaso di fiori. Sono rimaste paralizzate. Suor Hilda ci dice che prima del terremoto, il loro cane è entrato nella sua stanza molto agitato e, salito sul letto, le zampettava addosso come se volesse dirle qualcosa. Lei lo ha cacciato dal letto e ha continuato a dormire. Il cane è allora rimasto accanto al letto, mugolando. Pochi minuti dopo questa reazione del cane, è iniziato il terremoto… i cani e il loro sesto senso…

Sono le ore 21:00 e le suore hanno preparato una deliziosa cena con prodotti locali e dolci tradizionali. C’è un camino nel soggiorno e due camere da letto finemente decorate. Questa meravigliosa accoglienza contrasta con la desolazione esterna, di cui abbiamo visto solo una piccola parte.

Incontriamo i volontari della San Vincenzo, venuti a portarci del cibo. Anche se abbiamo già cenato, insistono perché riceviamo anche la nostra parte, una specie di frittata di patate che ci assicurano essere molto buona. Accettiamo tutto quello che ci offrono.

Salutiamo alcune famiglie con due o tre bambini. Più tardi scopriamo che ci sono molte famiglie con molti più bambini. Una coppia ci chiede di portarli in Spagna, in Italia o altrove, perché qui non hanno nulla. Ci accolgono con un grande sorriso, ringraziandoci per la nostra presenza. Ci chiedono preghiere.

La giornata si conclude nel ringraziamento per aver potuto venire qui a portare un po’ di conforto e calore.

 

Domenica 26 febbraio 2023

 

Fa molto freddo e non c’è riscaldamento. Il letto si compone di un insieme di coperte e piumoni. Non c’è acqua calda nella nostra stanza, solo quando sorge il sole. Più tardi veniamo a sapere che verso le ore 5.30 c’è stato un altro piccolo terremoto. Preghiamo con le suore. Sono le 6 del mattino e sentiamo il muezzin cantare tenuamente in lontananza. La cappella è silenziosa e c’è un po’ di riscaldamento. È una cappella molto sobria e bella che invita al silenzio. È stata progettata da suor Hilda, che è architetto.

È una gioia speciale essere qui con loro e con queste famiglie, anche se è solo per due giorni. La sensazione di essere nel posto giusto, di rendere presente tutto l’Ordine, di confortare e di lasciarci introdurre nel silenzio della loro preghiera intima con Gesù sofferente e della loro tenda aperta al mondo.

Abbiamo incontrato una delle famiglie: Mirna, Hana, Satina, George. Satina studia matematica, frequenta il terzo anno. Le manca ancora un anno. È molto magra. Ci chiede, quasi in lacrime, se possiamo aiutarla a lasciare la Siria: “Qui non c’è futuro”. Non abbiamo parole, non abbiamo risposte. Solo la preghiera. Molti vorrebbero andarsene da qui, da questo orrore. Ma chi ricostruirà la Siria, chi combatterà dall’interno per sollevare le rovine e infondere una speranza che solo dal popolo siriano può nascere? Come ricostruire tanta distruzione?

Parliamo con altri rifugiati: Mina, Nayla, Ghada, Daud. Mina lavora alla Caritas e ogni giorno si reca da qui al suo posto di lavoro. Parliamo con sua madre e sua zia. Mariam, forse la più giovane dei rifugiati, non si allontana da noi con la sua borsetta da vecchia signora. È di famiglia musulmana. Michel e Mary, con il figlio Gad, ci accolgono al nostro arrivo. Anche loro ci chiedono se possiamo fare qualcosa per aiutarli a lasciare il Paese.

Incontriamo alcuni bambini che hanno fatto di un albero il loro rifugio privato, circondandolo con una sorta di muretto, e con una sua porta d’ingresso. Anche arrampicarsi sull’albero è un’avventura e uno di noi vi gioca, per la gioia dei bambini.

Alle ore 16, ci rechiamo al Vicariato Apostolico dei Latini di Aleppo. Il Vicario, Raymond Girgis, francescano, ci accoglie. È uno specialista in diritto canonico delle Chiese orientali. Abbiamo una conversazione affascinante. Un sacerdote argentino dell’Istituto del Verbo Incarnato, Hugo Fabián Alániz, si unisce a noi. Ci parla della paura che si è impossessata della popolazione. Qui, hanno accolto 130 persone dopo il primo terremoto e 170 nel secondo, i Francescani vicini ne hanno accolte 4000.

Raymond celebra la messa domenicale dalle Carmelitane. Ci dice che non dobbiamo perdere la speranza. Esorta la gente a non abbandonare il Paese, a lavorare insieme per migliorare la situazione. La guerra continua a segnare la vita di questo Paese. Il servizio militare porta via gran parte della gioventù. È obbligatorio a partire dai 18 anni e dura otto anni.

Raymond ci chiede di incontrare il Nunzio, il cardinale Mario Zenari, che vive a Damasco. Gli ho telefonato e me ne è stato molto grato.

Abbiamo espresso la nostra vicinanza alle nostre monache nel loro libro degli ospiti, testimoniando i sentimenti di tutto il Carmelo, monache, frati e laici, nei loro confronti:

“Era un mio desiderio venire ad Aleppo per visitarvi e poter condividere con voi la gioia della nostra vocazione. Ringrazio Dio per questi due giorni qui nella vostra casa aperta a tutti i rifugiati. Voi siete, nella vostra debolezza, una parabola del Vangelo del Carmelo, un’umile testimonianza di come Dio sia casa e dimora per coloro che hanno paura e sono desolati. Che Dio sia per ciascuna di voi fonte, casa, cibo, speranza e amore per sempre. Sono orgoglioso della vostra offerta e della vostra presenza qui. Continuate a dare la vita con entusiasmo e semplicità. Siete stati per me un dono di speranza e di fede che il Carmelo rinascerà secondo il cuore di Dio. In profonda comunione, ogni giorno nell’Eucaristia. Dio vi benedica.”

 

 

Lunedì 27 febbraio 2023

 

Spunta l’ultimo giorno del nostro soggiorno ad Aleppo. Poco dopo le 5 del mattino sentiamo di nuovo il muezzin della moschea. Sembra un lungo lamento, ma è molto bello. In quel momento torna l’elettricità.

Non vogliamo andarcene da Aleppo senza aver visto la città, soprattutto le zone più devastate. Il monastero delle Carmelitane è molto ben costruito e ha subito pochi danni. Tuttavia, ci parlano di aree devastate.

Fra George Seba, un marista, ha accettato di farci visitare Aleppo. Non dimenticherò mai questa esperienza. Per tre ore e mezza abbiamo camminato per le strade di Aleppo, con gli occhi apertissimi e l’anima sconvolta. Abbiamo prima attraversato giardini occupati da tende, furgoni e camion trasformati in case mobili, lunghe code di persone in attesa di pane o cibo, tantissime persone per strada e sedute nei parchi.

Ci dirigiamo verso la parte della città più colpita dalla guerra e dal terremoto. Le distruzioni causate dalla guerra sono infinite. Edifici e case crivellati di colpi e in rovina. Chiediamo a George di indicarci cosa è dovuto alla guerra e cosa al terremoto.

In mezzo a tutti questi edifici devastati, vediamo bambini che giocano, persone che fanno le loro spese, uomini che bevono il tè per strada, donne velate che vanno e vengono, un ragazzo con il suo fratellino in bicicletta, altri che bevono un drink su una terrazza accanto alla Cittadella di Aleppo… È come se la vita si risvegliasse in mezzo alle macerie e ricominciasse, senza fuggire.

Visitiamo anche un negozio tradizionale con montagne di sapone di Aleppo. Il fascino del Medio Oriente è tutto lì. George ci ha preparato un pacco con alcuni saponi. Durante questo soggiorno, abbiamo sperimentato l’accoglienza, la gentilezza, i sorrisi. Per noi è stato acceso un camino, ci è stato offerto del sapone, le donne rifugiate ci hanno preparato ogni giorno un piatto tipico. Con le Carmelitane non ci siamo soffermati troppo sulla tragedia, anche se abbiamo chiesto loro come l’avevano vissuta e come stavano le loro famiglie. Con loro abbiamo pregato, visitato il monastero, riso e raccontato quelle storie che rasserenano e portano quell’aria del Carmelo che conforta e aiuta a rialzarsi sempre. Con loro, per due giorni, abbiamo celebrato l’Eucaristia. Al momento della consacrazione, era emozionante vederle prostrarsi a terra in adorazione. Questa è una vita offerta in un “sì” incondizionato. Sono donne fragili e indifese che sono qui da tanti anni, quale presenza silenziosa e accogliente. Sono coraggiose e semplici, senza alcuna forma di pretesa. Hanno raccolto i proiettili caduti nel loro monastero e ne hanno fatto un rosario. Ci mostrano anche una scatola piena di altri proiettili, il famoso missile caduto nel frutteto senza esplodere. Dalla terrazza possiamo vedere alcuni minareti decapitati di moschee.

Con le nostre consorelle abbiamo sperimentato una fraternità di famiglia e quell’aria teresiana in cui ci si sostiene l’un l’altro. Ecco i nomi delle monache che vivono e offrono la loro vita qui ad Aleppo, affinché possiate pregare per loro e con loro:

Marie-Thérèse KHACHO, Siria

Mariam QREIT, Siria

Anne-Françoise MAURIN, Francia

Anne BONNET, Francia

Hilda GHAZZI, Siria

Maria ROUFAIL, Siria

Laetitia PEYRARD, Francia

Marie-Élisabeth KHORANI, Iraq

Ho sentito nell’orazione, mentre condividevamo il silenzio, che questi due giorni avevano rafforzato la mia fede; che la loro preghiera perseverante mi ha dato forza; che sono state loro a visitarci; che ci hanno confermato nella necessità di andare avanti, in mezzo a tante guerre e terremoti, nella necessità di costruire un Carmelo che dica “sì”, con l’audacia di queste donne. Laddove c’è una comunità di Carmelitane Scalze, distaccate da sé stesse, gioiose, che sfidano la paura e non cercano sicurezze, che accolgono nella loro preghiera e nella loro dedizione la storia ferita di tante persone, laddove c’è un unico monastero come quello di Aleppo, mi sento molto orgoglioso di essere Carmelitano e figlio di Santa Teresa.

Veglia su ciascuna delle mie consorelle, proteggile, dona loro il conforto interiore di quella fiducia con cui hai rivestito i tuoi figli e le tue figlie più emarginati. Uniti a questa grande famiglia di rifugiati e a tutto il popolo maltrattato della Siria, non permetterci di dimenticare tutto ciò che abbiamo visto e sentito, la speranza che ci viene data da coloro che camminano tra le rovine e desiderano una terra di pace e felicità.

Sulla via del ritorno in Libano, abbiamo visitato un’altra città importante e ugualmente devastata, Homs, situata a metà strada dalla frontiera. Padre Tony Homsy sj, il giovane superiore, ci accoglie nella casa dei Gesuiti di Homs, il medesimo posto dove il gesuita Frans Van Der Lokht è stato assassinato nel 2014. Originario dell’Olanda, viveva in Siria da quarant’anni ed era un uomo totalmente dedito. Preghiamo in silenzio sulla sua tomba con rispetto per la vita di quanti si sono offerti fino alla fine. Ricordiamo tutti i cristiani che sono morti in Siria, in Iraq e nel Medio Oriente, o che sono stati costretti a emigrare lontano a causa della loro fede. Preghiamo per tutti coloro che hanno perso la vita in questa guerra e nel terremoto. Che Dio li accolga nella sua pace, nella casa più bella che possiamo immaginare.

Teresa di Gesù affermava che noi siamo le pietre di fondazione per coloro che verranno dopo di noi… Che Dio faccia di ciascuno di noi una pietra che edifica, ricostruisce e restaura la vita di ogni persona. Più potente di tutte le guerre e i terremoti è la forza della preghiera, la forza della comunione e della speranza che scaturisce dal sorriso risorto di chi non ha più nulla da perdere e la cui unica ricchezza è dare. Vere incarnazioni del Risorto, ci fanno credere fin da oggi, contro ogni speranza, nella Terra Promessa.

 

Miguel Márquez Calle, OCD

Roma, 25 marzo 2023

Solennità dell’Annunciazione del Signore

 

21/04/22

Cristo è Risorto e noi vogliamo aprirci alla Speranza di Dio Padre!

 


UCRAINA

Cronaca del Padre General Miguel Marquez Calle OCD

GIORNO 16 aprile SABATO SANTO

È giorno di silenzio, esperienza di profondo vuoto, nel calore ferito di Maria, la Madre; nel cuore di tutte le madri, che rappresentano l'anima  del mondo, e che sempre riscaldano, in mezzo a tanto dolore, la speranza.  Stravolgente oggi, come un abisso di silenzio, che racchiude qualcosa che ancora non conosciamo e che è sempre un bello! E che sorgerà l'alba... sempre l'alba.

Sono le otto meno pochi minuti del mattino a Berdichev, e salutiamo il Signore e sua Madre nella basilica. Ci prepariamo per il viaggio a Kiev.

Mi portano Vitaly e suo fratello Olek. È una strada di tre ore, ma dipende dal traffico e dalle difficoltà di ingresso.

Abbiamo sorpassato alcuni controlli senza difficoltà. Ci è stato detto che c'è stato un missile su Kiev. Arrivano alcune voci di gente amica dalla Spagna e da altri angoli con notizie di pericolo a Kiev... Ci siamo fermati per un caffè e per fare benzina. È permesso comprare solo 20 litri di benzina alla volta, ma la ragazza che cura è della parrocchia e facciamo il pieno al serbatoio. Inoltre, Vitaly è 'famoso' in questi angoli. La nostra conversazione è ancora molto vivace per tutto il viaggio. Mentre ci avviciniamo a Kiev, vediamo l'orrore della guerra, carri armati, camion, case, edifici bruciati e sparati, come svuotati della loro anima. Case e rottami di veicoli che profumano di un sabato santo desolato, senza vita, senza apparente resurrezione.

Facciamo un giro per entrare a Kiev, evitando la strada principale. Circa 30 km indietro. Arriviamo nella nostra parrocchia a Kiev, Padre Jozef ci accoglie. Quanta gioia è abbracciarlo! Che gioia essere arrivati ed essere qui! Qui c'è Marek, il parroco e priore. E anche Benedict, che si occupa di aiuti umanitari e attenzione ai soldati, i nostri tre carmelitani ora sono a Kiev. Un sacerdote polacco che ha un'organizzazione internazionale e porta aiuti umanitari in Ucraina, oggi è qui, Maciej. E alloggiano anchea causa  dalla distruzione del loro popolo un padre e un figlio: Andrzej e Daniel.

Gioia dell'incontro con i fratelli e cibo con Jozef e Marek, riportando molte cose sulla guerra e la pastorale di queste settimane. Marek parla degli orrori della guerra e mostra le foto dei bunker; l'attenzione ai malati e l'attività intensa come parroco. Per qualche tempo questa è stata l'unica parrocchia cattolica di Kiev. Quando è venuta Madre Teresa di Calcutta, dopo il premio Nobel per la pace, ha chiesto di poter andare a messa e l'hanno portata nella nostra chiesa. È una chiesa piccola e accogliente. Accompagno Jozef a benedire il cibo, che è tipica usanza di qui. I primi cibi che si prendono per Pasqua, dolci, uova di Pasqua e altre cose. Swieta ha portato le uova di Pasqua per i frati. Mi dà un abbraccio molto affettuoso e chiede benedizione. Siamo usciti a vedere il vescovo di Kiev, Vitaly, che ci accoglie in un luogo semplice; è giovane, molto cordiale. Conversazione molto familiare. Mi ringrazia molto che sia qui e apprezza molto il servizio pastorale e la consegna dei carmelitani in Ucraina. È un'ora di dialogo sulla situazione e la chiesa in Ucraina. Gli parlo della preghiera di tutto il Carmelo del mondo intero; la nostra preghiera per lui e per la Chiesa e il popolo ucraino.

Jozef mi ha detto se avevo qualcosa da regalargli, e mentre uscivo ho detto al Signore: 'Vediamo... e cosa posso regalarle se non mi rimane più nulla di speciale nello zaino... ’ Parlando con il vescovo, penso e metto la mano nella mia borsa e scopro che avevo una reliquia di Santa Teresita, dei capelli. Gliela do e ci dice che è la sua santa preferita... Sorprese del Signore! Stiamo facendo un giro per il centro della città, la famosa piazza di Maidan, la piazza dell'Indipendenza dell'Ucraina, dove nel 2014 sono state uccise 98 persone. Abbiamo visitato il luogo della memoria dei caduti e abbiamo chiesto per loro. Torniamo a casa visitando alcuni luoghi distrutti dai proiettili... Preghiamo per le persone che abitavano quegli edifici ora desolati.

È ora di preparare la veglia... Emozione con tutto l'Ordine, prima di stasera. Ricordiamo Siria, Burkina, Perù, Colombia, Congo, Libano, Iraq, . Preghiamo come UNO solo... per la VITA CHE NON MUORE che nessuna bomba è capace di distruggere...

Questo arrivo a Kiev è un altro capitolo di Berdichev... perché qui l'orrore della guerra sembra ancora più evidente... i segnali sono fumanti, e il racconto delle persone è costante... Non posso raccontare in questa cronaca tutto quello che ho sentito. Alcuni dei frati mi diceva se mi importava che mi raccontasse questi orrori, e io gli ho detto che mi importava... Sono stati momenti di conversazione molto lunghi. Ometto i dettagli. Sono in contatto con i cappellani che accompagnano i soldati, e loro stessi confessano ai soldati. Ho consegnato loro circa 300 rosari per i soldati.

La celebrazione della veglia semplice è sentita. La cappella mi sembrava una piccola arca di Noè, un recinto di salvezza. La liturgia inizia per strada con un semplice fuoco, e un freddo gelido. Riusciamo a malapena a tenere accesa la fiamma della candela dopo diversi tentativi. Predico io e traduce Jozef  in ucraino.

Alla fine della Messa canti e allegria condivisa. Lunga fila di persone per un abbraccio, una benedizione, e per ringraziare molto vivamente che io sia qui. Una giovane donna mi ha detto che nel suo lavoro ci sono 400 persone e che 200 sono scappate per mettersi al sicuro in un posto sicuro, e che il fatto che io sarei venuto qui era per lei un segno speciale. Così sposi e famiglie passano per essere benedetti e abbracciati. Non mi sembra di essere in un luogo di guerra, c'è un senso forte di comunione e complicità... Una giovane donna che ha perso la sua casa a Mariupol e ora aiuta gli altri... una giovane soldato che mi chiede la benedizione prima di andare al fronte. Le regalo il mio rosario. E finisce la giornata in conversazione amichevole per due ore, con Jozef, Marek, Benedict, il sacerdote Maciej, e padre e figlio, Andrzej e Daniel. Che periodo intenso di esperienze vissute. Quanto hanno bisogno di raccontare ciò che hanno vissuto e ciò che sanno... quanto apprezzano la mia presenza. Gli dico che tutto l'Ordine è qui con loro.

Finisce la giornata, domani andremo a visitare Bucha, la città del massacro. E anche qualche altra delle città più devastate, il seminario e altri luoghi. Ma domani è un altro giorno, oggi, nella gente di Kiev, mi è apparso il Signore Gesù risorto, sorridente, e mi ha benedetto nel suo sorriso... una giovane donna mi ha benedetto spontaneamente. A Berdichev ho sentito le sirene cinque volte, a Kiev una, mentre uscivo dal Vescovado. Ma nessuno scende più nei bunker. Se qualcosa cade, cadrà, se succede qualcosa, accadrà. Ma oggi Cristo è Risorto per me, nella fede di un popolo, nella sua speranza. Quanto sono fortunato ad essere qui! E che voi siate qui con me!

BUONA PASQUA DI RESURREZIONE... Il mio amore e la mia speranza è il Risorto.

GIORNO 17 APRILE 2022 Domenica di Resurrezione.

Non dimenticherò mai nei giorni della mia vita questa domenica di resurrezione. Mai più.

La vita sorge. E ancor di più in un giorno come oggi, giorno di Pasqua ma quella vita ci è nata nel supplizio della Croce e si è fatta luce nel sepolcro vuoto. Alle 8 del mattino inizia la celebrazione dell'Eucaristia nella nostra parrocchia dell'Esaltazione della Santa Croce, di Kiev con una processione intorno alla parrocchia, con il Santissimo. Fa molto freddo, ma la piccola chiesa è piena. La processione è tutta una metafora della vita stessa. Cantiamo gioia e fiducia nella Sua Resurrezione nel bel mezzo della morte. Alla festa ci sono diversi soldati e poliziotti in uniforme che vivono intensamente il momento. Presiede Padre Benedetto e predica il sacerdote Maciej, la cui organizzazione PRO SPE viaggia quasi ogni settimana in Ucraina per aiuti umanitari. Le sue parole e la sua presenza sono anche un dono di comunione ecclesiale in questi giorni. Alla fine della Messa, un grazie molto sentito della gente. Mi regalano una felpa con scritto 'Viva l'Ucraina' e dei fiori gialli. Due laici della parrocchia mi ringraziano per il coraggio di venire come il pastore in mezzo alle pecore in pericolo e ringraziano la vita di questi carmelitani che sono rimasti qui per accompagnare e prendersi cura delle persone. Ci dicono che anche loro hanno bisogno della cura e del sostegno di tutti per continuare a sostenere e incoraggiare gli altri. Mi cantano una canzone emozionante che dice beato colui che viene nel nome del Signore. Apprezzo vivamente il prezioso discorso sincero ed esprimo l'orgoglio per i miei fratelli, per la loro dedizione e per essere qui. Nomino ognuno di voi e ringrazio per le vostre vite. Benedico la vita di tutti i presenti. Non dimenticherò mai questa domenica di resurrezione. Alla fine consegno un regalo: una reliquia di Santa Teresita e dei suoi genitori, Celia e Luis. E anche di Mariam de Betlemme, invocando per tutti loro la benedizione, per le loro famiglie e le famiglie che hanno subito qualche perdita importante in questi giorni. Perché Teresita illumini la notte dei nostri giorni. E perché Mariam ci faccia vivere il Dio della vita nell'umiltà e nel nulla del sepolcro vuoto, la pienezza della misericordia. Festeggiano con grande gioia il dono . E iniziamo  il cammino Benedict, Jozef, Maciej, Bogdan (amico volontario) e io, verso luoghi molto significativi e rabbrividenti. Abbiamo visitato per primo il seminario maggiore di Kiev (Worzel) che si trova in una foresta, in campagna, a pochi chilometri dalla città, e ci accoglie il rettore, padre Ruslan, giovane, magro, con tonaca e freddo polare. E alcuni volontari e persone che lavorano con lui nell'aiuto umanitario alle famiglie. Il seminario è stato saccheggiato dai russi e hanno preso tutto quello che volevano. Nel cortile del seminario è caduta una bomba a grappolo, i cui effetti ci hanno spaventati. Alcuni pezzi di scheggia sono entrati dalle finestre e hanno colpito la Madonna di Fatima staccando la testa. Abbiamo controllato il foro del proiettile nel cortile e la sua potenza distruttiva. Padre Ruslan e altri volontari ci accompagnano per tutto il giorno al luogo successivo che è il campo dei russi nella foresta. I responsabili dei massacri di Bucha. Con attenzione ci infiliamo tra gli alberi. Abbiamo trovato tutto come lo hanno lasciato 15 giorni fa; le tane scavate nel terreno, le strutture provvisorie. Tutto ci lascia assolutamente perplessi e con l'anima trafitta da domande senza risposta: come può l'essere umano arrivare a tanta atrocità in pieno anno 2022? Non è un film, non è un reportage in bianco e nero degli anni '42, non è una biografia che parla di Auschwitz. I russi se ne sono andati da qui 15 giorni fa e il solo pensiero mi fa venire i brividi. C'è la frutta nelle scatole, la caffettiera, i calzini appesi, le bottiglie di vodka vuote, gli stivali per terra, le scatole russe che contengono cibo, pillole di vitamine, ecc. ecc. Abbiamo calpestato questo terreno con attenzione nel caso avessero lasciato qualche mina. Ma vogliamo vedere ed essere testimoni per poter raccontare al mondo quello che abbiamo visto. Una storia vera e non di fantascienza. L'anima rimpicciolita, indignata, trapanata come una bomba a grappolo dalla testa ai piedi. Oh, mio Dio! Com'è possibile? Da qui andavano nei villaggi vicini e facevano atrocità. Da qui ricevevano dai loro superiori l'incarico di fare liberamente quello che volevano. Parlo con Jozef pensando ad alta voce: anche loro avranno madre e sorelle e nonni e figli. Allora come si può ferire la vita a tal punto...? Stiamo in silenzio e preghiamo. Stiamo intraprendendo il cammino dell'orrore per le strade di Borodzianka, Bucha e Irpin. Non riesco a descrivere a parole quello che abbiamo visto, vedrete alcune foto, e vi chiedo di non distogliere lo sguardo, perché questo film è reale e le vittime meritano che guardiamo, che ci svegliamo e che la nostra vita diventi consapevole. Carri armati distrutti, case bruciate, edifici in rovina, ospedali svuotati, uno spettacolo sinistro, demoniaco... ponti distrutti, auto rovesciate. E la sensazione di essere testimoni privilegiati e stupiti che Hitler e Stalin, Mussolini e Pinochet, Gheddafi non sono scomparsi dallo scenario umano, anche se ci è difficile crederlo. Anche una massa enorme acclamava Hitler e salutava come il salvatore. Per favore, non sopporterò che nessuno giustifichi questo orrore con bontà ideologiche di qualsiasi segno essi siano. Nel cuore di Bucha, dove sono stati depositati i corpi di 98 persone sparate per strada, abbiamo pregato sopraffatti nel luogo della fossa comune. E mandiamo da lì il nostro messaggio a tutto l'ordine di auguri di Pasqua. In questo sepolcro vuoto e reale, Jozef, Benedict, anche Marek che è rimasto nella parrocchia, ed io, esprimiamo la comunione di tutto il Carmelo ucraino con tutto l'Ordine.

Accanto a una porta sul pavimento sulla quale c'era il cadavere di un anziano, hanno messo dei fiori gialli. Preghiamo Maria e preghiamo per tutti. Cristo ha vinto la morte. Cristo è risorto. Non sono qui, sono già nella casa della vita. Godono della pace di Dio nella casa senza fine. Abbraccio Ruslan il giovane rettore che ci ha accompagnato così gentile, e che è stato in contatto con tutti i protagonisti e con le famiglie delle vittime e ci assicuriamo la preghiera comune. Gli dico che Carmelo pregherà per i 25 seminaristi di Kiev e per lui. Un abbraccio molto sentito.

Stiamo andando verso la parrocchia di un sacerdote Dehoniano, Tadeusz, che è rimasto qui nei momenti più difficili a Irpin, una delle città massacrate. Ci mostra la sua cappella, dedicata a Santa Teresita. Gli abbiamo consegnato un camino per riscaldare la parrocchia, che abbiamo portato tutto il giorno nel furgone di Maciej. Torniamo a casa per un programma radiofonico argentina. E abbiamo visitato Veronica e Alessandro, membri del Carmelo secolare di Kiev. Ci accolgono con tanto affetto nella loro umile casa anche colpita da una bomba a grappolo. Veronica ci parla entusiasta del Carmelo secolare e ci consegna alcuni regali, e un libro pubblicato in ucraino con testi dei Santi del Carmelo, del poco pubblicato in ucraino sui nostri santi. Ci contagiano con il loro entusiasmo. Preghiamo per tutto il Carmelo secolare a Kiev e in Ucraina. Torniamo alla parrocchia. Si sta facendo tardi. Il coprifuoco è alle 22.00. Un abbraccio molto sentito da entrambe le parti. Sono molto felice di vederli confortati. Sono molto felice di essere arrivato a Kiev e di essermi lasciato toccare dalla sua testimonianza e dalla sua presenza paterna e fraterna con le persone semplici, sono un sacramento vivente della vicinanza incondizionata di Dio a ogni essere umano. Dio vi benedica fratelli miei. Mi sento orgoglioso. E vi saluto augurandovi in polacco coraggio e coraggio. Siamo usciti con difficoltà da Kiev. Il GPS non conosce barricate e strade tagliate. Dopo un po' siamo riusciti a lasciare la città. Abbiamo poca benzina, solo per circa 40 km.  E ce ne restano circa 150. Jozef prega lo Spirito Santo e dice che non lo delude mai. Abbiamo superato molte stazioni di benzina chiuse. È troppo tardi. Immagino di dormire in macchina. Ma passando una stazione di servizio vediamo una piccola luce e otteniamo non 20, ma 30. E il signore che vende si sfoga con Jozef raccontando i suoi sentimenti. Alla fine con le mani fa gesto di pregare. Prima di arrivare, molti controlli militari. Ci chiedono i documenti. Preghiamo vigilia e compieta. Preghiamo per tutte le persone che abbiamo incontrato, e supplichiamo Dio la pace e la fine di tanto male. Il nostro cammino ci porta quasi, quattro ore dopo la partenza, a Gwozdawa; una casa tranquilla in campagna, in cui i frati festeggiano quotidianamente con il paese, di circa cento abitanti. Ci riceve Maximilian, il superiore. È già troppo tardi. Sono le 11 passate di notte. E la giornata è stata estenuante, impressionante, sconvolgente. Cristo Risorto guarisce la terra dell'Ucraina, cura le sue ferite. Cura il nostro

GIORNO 18 Aprile 2022 PASQUETTA

Alba a Gwozdawa. Sono pronto ad alzarmi per andare con loro al momento della preghiera. Prima abbiamo pregato lodi. E la Messa dopo, alle 7.20. La chiesa è stata riempita di persone adorabili. Alcuni bambini in prima fila. Donne anziane e alcune persone di mezza età. Il gruppo di uomini è più scarso. Celebra Jozef e lascia predicare a me. All'inizio della Messa, Clementina mi ha rivolto alcune parole accogliendomi con una semplicità e una gioia che mi hanno commosso. Nelle sue parole esprime la gioia di questo piccolo popolo per la mia presenza in tempo di guerra e la gioia per i Padri Maksymilian, Piotr e Jozef tra loro, la gioia di avere la Messa quotidiana. Mi danno un uovo di Pasqua di porcellana e alcuni cioccolatini.

Alla fine della messa ci siamo abbracciati come una famiglia per tutta la vita. Benedico tutti uno ad uno con l'imposizione delle mani. Do loro i rosari che ho portato dalla Spagna e che padre Santiago ha fatto, un frate buono e semplice, che vive a Madrid (90 anni). Apprezzano molto i dettagli. Quando li benedico, mi tengono le mani e mi baciano su entrambi i palmi, come se fosse la mia prima Messa. Apprezzano il sacerdozio con tanto affetto. Faccio qualche foto con loro. Successivamente, mostro alcune foto di questi e dico agli amici che mi sono innamorato di queste persone. Io sono il benedetto. Abbiamo fatto colazione in un'atmosfera di festa e gioia. Visito la casa e i dintorni con i fratelli. Un posto di campagna tranquillo e silenzioso. Sono solo una comunità, quella di Berdichev, che frequenta questo luogo di silenzio e ritiro, prendendosi cura della pietà e della fiducia di questa piccola città, così piena di fede e così provata fin dai tempi del comunismo. Dopo aver completato con Jozef un'intervista con Anastasia (sorella onoraria) per il giornale della chiesa in Ucraina, ci salutiamo con reciproca gratitudine. È venuto al mattino Rafal di Berdichev per l'addio. Abbraccio e benedico i fratelli. La strada per il confine è di 7 ore, con due fermate. Mentre ci allontaniamo dal centro del paese, la vita sembra più normale, anche se di tanto in tanto ci sono controlli. Più auto e intere stazioni di servizio e niente di rotto. Diventa strano, dopo i dintorni di Kiev, vedere città con gli edifici quasi tutti in piedi e senza segni di guerra. Il viaggio con Vitaly e Olek, che tornano a prestarsi gentili per accompagnarmi, è vivace e pieno di amichevole vitalità. Apprezzo molto la loro azienda Siamo arrivati al confine ed è triste dire addio al paese, ai fratelli, a Vitaly, ma prometto di tornare. Alla frontiera, una coda di circa 200 persone. Famiglie e bambini. Inizia a fare piuttosto freddo. Abbiamo aspettato un'ora e mezza o giù di lì per il flusso molto lento della coda. Mentre i volontari e la croce rossa ci offrono acqua e coperte, bambole ai bambini e cioccolata e tè... passano accanto alla fila di persone e chiedono ancora e ancora di cosa abbiamo bisogno. Sono commosso da questa umanità che conclude l'esodo degli ucraini di fronte al dolore e alla barbarie che ho contemplato ieri. Finalmente riesco a superare i due posti di blocco della polizia ucraina e polacca dopo così tanto tempo in piedi. D'altra parte, le ONG accolgono le persone e offrono tutto. Accetto cioccolato dagli spagnoli e saluto altri volontari.

Andrezj mi viene a prendere e iniziamo il nostro viaggio verso Częstochowa, non mi fermo a Przemyśl. Visiterò i Carmelitani di Kharkiv che sono lì alloggiando in un luogo indipendente e preparati per loro, dalle Suore di San Giuseppe. Voglio abbracciarli. Siamo arrivati dopo mezzanotte. E vengo ricevuto da Anna María la priora e da altre due sorelle. Ci salutiamo con un abbraccio tanto atteso. Hanno la cena preparata. Abbiamo chiacchierato senza fretta nonostante il tempo, vicino a 1 grado sopra lo zero. C'è tanto da condividere, tanta consolazione in questa fraternità profonda e vera che supera ogni confine e raggiunge la comunione nel linguaggio comune del sentirsi UNO. Che caldo in mezzo a tanto freddo nel nostro mondo! Se tutti gli esseri umani potessero godere di questo affetto di fratelli che mi è dato. Se le ragazze violentate o le persone fucilate, se le famiglie bombardate o le persone prive di case potessero sentire questo calore di Resurrezione dentro di loro e il calore del meglio dell'essere umano! Ma  è ancora lontano quel sogno da essere realizzato su questa terra ferita. E non mettiamo in scena riconciliazioni inesistenti, perché la Russia e Putin continuano nei loro sforzi per massacrare l'Ucraina, che chiamano "fascista", crudele ironia! Ma preghiamo con pacifica violenza per la verità e la giustizia. E sì, che ci sia il perdono, che ci sia la guarigione e la liberazione delle vittime spezzate e dei crudeli carnefici, e la grazia che guarisce il profondo dolore della Croce dei nostri giorni e riempie la tomba vuota con un annuncio di nuova vita invincibile. Ma è ancora guerra e non c'è ancora aria di coscienza da parte di chi la alimenta e di chi la acconsente. Le bombe fischiano ancora nell'aria e cadono su Leopoli mentre attraversiamo i suoi dintorni al crepuscolo del lunedì di Pasqua. E abbiamo ancora tanto da pregare e tanto da svegliarci e tanti da abbracciare e confortare, senza arrenderci. Non illudiamoci. Il perdono di Gesù sulla Croce è anche sulle nostre labbra e nei nostri cuori: 'Perdonali perché non sanno quello che fanno'. E lo disse dalla Croce. Ma le radici del male e dell'orrore sono nascoste e vive in questa terra che calpestiamo e i suoi stivali pronti a continuare a calpestare esseri umani indifesi. Abbiamo il dovere morale di armarci per questa guerra. Vi invito a portare alla luce la violenza del pacifico opponendovi a tanta ipocrisia politica, a tante menzogne ideologiche e a tanto silenzio codardo, per fare un fronte comune del vangelo coraggioso con una preghiera e una vita senza tirarsi indietro. Perdonate questo sfogo. Sono così infastidito dalla politica dei nostri giorni. Rispetto i politici che servono il popolo, che non dicono bugie, che combattono senza essere schiavi delle ideologie di partito, i politici che non cercano il potere e che non sono narcisisti. Quelli che costruiscono per tutti. Non posso sopportare che continuiamo a discutere se siamo a favore della Russia o degli Stati Uniti, se siamo di destra o di sinistra, se siamo Papa Francesco o Benedetto XVI ... cadendo in una stupida trappola che non ci fa vedere la realtà del male che ci perseguita. E la follia di leader senza scrupoli.

Concludo la giornata esausto e felice di stare con le mie sorelle.

MARTEDÌ DI PASQUA

L'Eucaristia con le Suore di Kharkiv è un tempo prezioso di preghiera, ringraziamento e canto che esprime speranza e vita. Sono molto commosso dall'incontro con loro. Durante la mattinata affrettiamo il tempo fino all'ultimo secondo condividendo ciò che abbiamo vissuto. Le sorelle devono dirmi cosa hanno passato. Il panico, la paura, il rumore delle bombe in agguato, l'incertezza, la resistenza a partire fino all'ultimo momento, un esodo senza tempo per pensare e la presenza del pastore, del vescovo che si fa strada su una strada pericolante per raggiungerli e celebrare l'Eucaristia e conforto e riparo. Dialoghi comunitari con diversità di opinioni. Dubbi e preghiera per chiedere luce. Il vescovo ha detto una parola che ha lasciato tutti sotto shock: domani come prima cosa al mattino bisogna partire, il pericolo è imminente (il giorno prima avevano deciso di restare nonostante il pericolo). Ma poco tempo dopo era ancora più pressante e senza possibili discussioni. "In un'ora le macchine sono alla porta e devi uscire." Consumare il Santissimo Sacramento e raccogliere il strettamente indispensabile... E un percorso di insicurezza evitando zone di pericolo. Quanta angoscia raggiungere una zona sicura. Anche la perdita di una delle due auto e l'irrequietezza fino a quando non si incontrano di nuovo. Ore di attesa alla frontiera e, finalmente, lasciandosi alle spalle la terra che è stata casa per tutta la vita per le 8 sorelle ucraine e tanti anni per le tre dalla Polonia e la sorella dalla Slovacchia. Tutto ha spinto a questa uscita quando è arrivata la notizia delle atrocità dell'esercito ceceno e russo senza scrupoli. (In tutta la cronaca di questi giorni ho omesso dettagli inutili che le mie orecchie e il mio cuore non dimenticherebbero.)

Ascolto commosso fino alle lacrime. E intanto mi onorano con canti pasquali e con una gioia che mi fa piangere, senza capire quanto dolore e tanta vita traboccante sia possibile. C'è tanta gioia che percepisco in loro per la mia visita, e per la mia presenza nei giorni di maggiore incertezza, e tanta gioia per la loro gratitudine. La madre piange quando conta. E anche alle suore.

Mi chiede quale parola dico loro per vivere questo momento. Vi dico che il SÌ più importante si pronuncia nella terra del presente, qualunque essa sia. Che Giovanni della Croce e Teresa di Gesù hanno vissuto la più feconda delle loro vite nei momenti più inospitali e più perseguitati, di estrema fragilità. Che prima di arrivare alla terra promessa che Dio vuole dare loro, questo momento in cui calpestano è un momento privilegiato di alleanza e di integrità. Siamo venuti al Carmelo per camminare nella vita. E non immaginiamo mai dove il Signore ci porterebbe, ma sappiamo che ovunque andremo Egli sarà la nostra casa e il nostro infinito conforto. Il Carmelo rinasce nelle ore di massima povertà.

E' presente la  presidente della Federazione, che è stata loro madre preparando tutto. E anche la Madre Provinciale delle Suore di San Giuseppe che le hanno accolte in questo luogo che avevano, appunto, preparato per accogliere le famiglie dei profughi ucraini, provvidenza di Dio.

Ci siamo scambiati alcuni dettagli. E, soprattutto, abbracci così sinceri, così necessari in quest'ora di freddo incerto. Mi è stata donata una preziosa figura della Vergine dell'Ucraina che ora ho accanto al mio letto.

Salutiamo con la benedizione, li benedico e mi sento benedetto in loro. Ci salutano per strada con la chitarra e il tamburo così pieni di gioia che non vorrei lasciarle. Tutto il Carmelo è stato incantato in questa comunione dei frati, delle suore, il sorriso dei bambini e il bacio delle nonne stringendomi forte le mani e baciandole. Grazie a tutti voi. Sanno che continueremo, che noi rimarremo al loro fianco, qualunque cosa accada. E la bontà supererà l'orrore e la crudeltà. Ve lo prometto.

Dio ci benedica tutti.

"Pace a te, sono io. Non abbiate paura", dice Gesù, "sarò con voi ogni giorno fino alla fine".