22/05/11

Appartenenza! Appartenere a Qualcuno, a qualcosa, a molto, molto di più!

Sono passati due mesi da quando il Signore mi ha dato la gioia di celebrare con Lui e con tutti quelli che amo, 25 anni di Appartenenza! Si, perchè un 25° di Professione Religiosa mi ricorda e mi ha sempre ricordato che la mia vita è consegnata, è donata, perchè  ho Qualcuno dentro di me che mi appartiene e al quale appartengo. Oggi queste parole non dicono molto, oggi questa realtà è incomprensibile per la stragrande maggioranza dei giovani, degli adulti e spesso, troppo spesso, anche nella chiesa, nella vita consacrata e religiosa.
Forse perchè non siamo riusciti a trasmettere un esperienza di vita che ha fatto dell'Amore l'unica ragione per la quale esistere è ancora qualcosa di stupendo. Qualcuno come Gaber ha cercato di farlo con la canzone, altri con la poesia e con la natura, altri con la vita. Io faccio una piccola sosta stamani qui per donarvi un poco della mia gioia di appartenere per sempre al Signore! Buona domenica!
"L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.

L'appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.

Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.

L'appartenenza
è un'esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi."
Giorgio Gaber

08/05/11

Parliamone insieme , se volete! "Comunicazione globale in una rete di parole !"

Ho pensato di condividere questo articolo dell'Osservatore Romano , così tanto per parlarne insieme anche qui perchè è un argomento che nella Chiesa e anche nella vita di noi religiose claustrali fa  discuttere e non sempre in modo positivo.

CITTA' DEL VATICANO - «La Chiesa ha qualcosa da imparare dai blogger», da quanti cioè comunicano attraverso la rete, a cominciare «dal loro modo di esprimersi libero e con un linguaggio attuale». Lo ha detto l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, nell'intervista rilasciata al nostro giornale a margine del primo Blog Meet, un incontro dedicato ai blogger, cattolici e non, che, ideato dal Pontificio Consiglio della Cultura e organizzato insieme al dicastero delle Comunicazioni Sociali, si è svolto il 2 maggio scorso in Vaticano.
«Noi invece -- ha aggiunto il presule -- ancora risentiamo delle difficoltà di un certo tipo di linguaggio ecclesiale che spesso le nuove generazioni fanno fatica a capire. I blog sono spazi di autenticità e allo stesso tempo di provocazione e ci aiutano a crescere, a guardarci attorno e a capire che per essere ascoltati dobbiamo usare linguaggi comprensibili». In questa intervista il bilancio dell'iniziativa appena conclusa, tracciato dall'arcivescovo Celli.

Qual è stato l'impatto dell'incontro con il mondo della blogosfera?

Molto positivo. È stato un incontro diverso dagli altri in cui si respirava un clima di attesa, ma anche di grande vivacità. In un certo senso ho visto il futuro già presente, mi è sembrato di vivere direttamente la dinamica dell'odierno mondo delle comunicazioni. È stato importante che due organismi della Santa Sede -- il dicastero della cultura che l'ha ideato e noi che ci siamo associati -- abbiano dato un segnale del loro interesse positivo per la blogosfera. Abbiamo dimostrato di riconoscere l'importanza di questa realtà comunicativa e di considerarne la valenza in campo sociale e culturale, nonché di guardare con molto interesse alle aperture della blogosfera nei confronti dei temi religiosi.

Lei crede che la Santa Sede, e più in generale la Chiesa, abbiano qualcosa da imparare dal modo in cui comunicano i blogger?
Se c'è una particolarità di questo ambito di comunicazione digitale è che nasce dal basso, non è un'iniziativa ufficiale, istituzionale. È un ambito in cui ciascuno può far valere le proprie idee, la propria testimonianza personale. E questo è uno dei pregi peculiari dalle nuove tecnologie comunicative. Questa interattività, questa dimensione di estrema apertura e comunicazione, è un fatto a cui noi guardiamo con interesse. Se infatti è vero che ogni discepolo di Cristo è chiamato a dare testimonianza nel proprio ambiente, a essere fermento, la dinamica dei blog favorisce questa missione di evangelizzazione. È un ambiente in cui il cristiano può essere presente con la sua sensibilità, con i suoi valori, le sue valutazioni, esprimendo a cuore aperto ciò che sperimenta. Tempo fa mi è capitato di suggerire a un arcivescovo emerito di aprire un blog. Un presule ultra settantacinquenne, ormai in pensione, ma tuttavia molto vigile, sensibile e attento. Sulle prime restò un po' perplesso della mia proposta, ma dopo un anno venne a ringraziarmi. Si era infatti accorto che, grazie al blog, la sua dimensione pastorale non si era esaurita, ma che anzi le nuove tecnologie, e lo stile personale dei blog, gli avevano aperto nuove possibilità di relazioni umane, ricche, dinamiche, vivaci. Insomma si era accorto che, pur essendo emerito, poteva continuare un dialogo con tante persone. I cristiani dovrebbero sentire spontaneamente il desiderio di annunciare e condividere la propria fede. L'annuncio della Parola da cuore a cuore, da bocca a bocca, è connaturato alla nostra fede. Ma oggi trova in queste nuove forme, i blog, un nuovo ambito di espressione, davvero sconfinato.

La frequentazione con i blogger potrebbe anche aiutare i dicasteri vaticani a rendere più efficace la propria comunicazione?

Ne sono pienamente convinto. Sui blog si comunica in modo libero, con un linguaggio attuale. Noi invece ancora risentiamo delle difficoltà di un certo tipo di linguaggio ecclesiale che spesso le nuove generazioni fanno fatica a capire. I blog sono spazi di autenticità e allo stesso tempo di provocazione e ci aiutano a crescere, a guardarci attorno e a capire che per essere ascoltati dobbiamo usare linguaggi comprensibili.
Il Papa nel suo discorso rivolto alla plenaria del nostro Pontificio Consiglio, nel febbraio scorso, ha ricordato che l'uomo non solamente usa il linguaggio ma lo «abita». E dunque per «abitare» i nuovi linguaggi noi dobbiamo fare uno sforzo particolare, anche di umiltà, esprimendo «simpatia» per l'uomo di oggi.

Come dicasteri vaticani con quale atteggiamento avete incontrato i blogger?

Quando il Blog Meet era stato annunciato c'erano stati commenti sostanzialmente positivi, anche se non erano mancate voci critiche, qualcuna più articolata, altre più emotive. In apertura dell'incontro ho allora voluto chiarire subito che noi eravamo lì per metterci in ascolto e non solo dei blogger cattolici, visto che l'incontro era aperto a tutti. Volevamo capire, sentire, quali erano i bisogni, le speranze, le aspirazioni, i timori, le problematiche di questa comunità. Per esempio è noto che i nuovi social-network stiano ormai assorbendo maggior interesse rispetto ai blog. Lo abbiamo visto durante il nostro meeting accompagnato in presa diretta in rete da un secondo convegno «virtuale» su Twitter. Ma anche queste nuove realtà, più rapide, sono ambienti essenziali per intuire sensazioni, stati d'animo, e noi non vogliamo ignorarli.

Dopo questo esordio ci saranno altri incontri?

Penso di sì, ma non come quello appena concluso. Dovremmo trovare un'altra formula e credo che i blogger stessi potrebbero aiutarci a individuarla, dicendoci a cosa sarebbero interessati, spiegandoci che senso potrebbe avere per loro incontrare di nuovo due organismi della Santa Sede o come questi momenti di incontro potrebbero ripercuotersi positivamente su altre realtà locali. Si potrebbero organizzare incontri locali o per gruppi linguistici. Abbiamo il desiderio di incontrarci di nuovo per ascoltarci ancora. Ritengo che la Chiesa oggi debba «camminare con l'uomo» e instaurare con lui un dialogo rispettoso. Abbiamo bisogno di conoscerci, ascoltarci. Noi come Santa Sede vogliamo essere autentici, ma anche rispettosi e capaci di metterci pazientemente all'ascolto.

Fabio Colagrande
©L'Osservatore Romano 6 maggio 2011

05/05/11

Raggiungere il cielo: una santità che affascina!

Ho nel cuore e negli occhi la grande gioia della Beatificazione di Papa Giovanni Paolo II° e tra poco più di un mese avrò la gioia di vivere, seppure da lontano, un altra Beatificazione che ho tanto desiderato: quella di Padre Clemente Vismara, missionario in Birmania per ben 65 anni! Questa mattina, guardando queste due colombe nel nostro giardino ho pensato ad entrambi come a due amici che si sono ritrovati uniti durante uno splendido volo verso il cielo. Non è possibile metterli accanto talmente grande e diversa è la strada che hanno percorso su questa terra, ma a me piace vederli, nella luce di questa Pasqua, come due amici che si raccontano lassù, camminando accanto al Risorto, quanto ha bruciato di passione il loro cuore nel intravedere il Signore nell'uomo, in ogni uomo, nel più piccolo come nel più grande, nel più povero  come nei potenti della terra. Hanno annunciato Cristo ai fratelli con la consapevolezza che la loro vita aveva un senso e una missione da compiere: non era un dovere, non era un bisogno di affermazione o di essere al centro dell'universo per essere applauditi come eroi, era un Amore travolgente, sconvolgente e incredibilmente appassionato che circolava nelle loro vene e scappava fuori da tutti i pori della loro pelle. La gioia e la tenerezza, la tenacia e la fiducia, la sofferenza e la preghiera hanno guidato i loro passi in un cammino di santità ordinaria e infinitamente straordinaria, fuori da schemi e protocolli, capace di spalancare le porte e le finestre di tanti cuori per inondare la vita di coloro che Dio ha messo sul loro cammino, con quella gioia Pasquale che ci da la certezza che Lui è con noi fino alla fine dei tempi, ogni istante, ogni giorno per donarci la pace e per guidarci nella conoscenza del Padre in attesa di raggiungerlo nella Sua Casa dove sappiamo che Il nostro Fratello ci ha riservato un posto in una delle tante stanze che sono state preparate per noi. Papa Giovanni Paolo II° non ci basteranno i secoli per ringraziarti di averci ridato la gioia di essere Chiesa, di essere il nostro Papa che ...tutti i giorni... va a gettare le reti al largo...perché quella è la strada per incontrare  Cristo che cammina verso di noi! E tu, Padre Clemente, che mi ha gridato da uno sperduto paese della Birmania che la vita è bella solo se è  donata, hai camminato con me, una carmelitana qualsiasi di questo tempo, facendomi scoprire attraverso la tua vita e i tuoi ragazzi che le piccole cose sono una strada privilegiata per vedere Dio e per rivelarlo al mondo che ha bisogno di Lui! Ciao e...facciamo festa perchè questa festa della santità non finirà mai e ci accompagnerà sempre nel nostro tentativo di vivere la nostra giornata nella fedeltà e nell'accoglienza del Cristo Risorto oggi e sempre.